Sebbene si tratti di una misura più volte preannunciata dalla nuova amministrazione regionale della Sardegna, sta creando un certo sconcerto, e molta apprensione, il disegno di legge (“Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio, dei beni paesaggistici e ambientali” – di seguito anche solo il “DDL”), varato lo scorso 30 aprile dalla Giunta neoeletta, che, nelle more dell’emanazione del Decreto ministeriale sulle aree idonee, dell’approvazione della legge regionale sull’individuazione delle aree idonee e del successivo adeguamento e completamento del Piano Paesaggistico Regionale, stabilisce una moratoria di 18 mesi con riguardo alla possibilità di realizzare su tutto il territorio regionale progetti di impianti per la produzione e l’accumulo di energia elettrica da fonte rinnovabile «che incidono direttamente sull'occupazione di suolo» (cfr. art. 2 DDL).
Sono esclusi dalla moratoria solo le comunità energetiche - CER - e gli impianti destinati all’autoconsumo.
Il divieto di realizzare nuovi impianti FER previsto dalla Regione troverebbe applicazione:
- per i nuovi progetti (ossia quelli che saranno presentati per l’autorizzazione dopo la sua entrata in vigore);
- per gli impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili le cui procedure di autorizzazione o concessione sono in corso al momento dell'entrata in vigore della legge (secondo la specificazione di cui all’art. 2, comma 2).
In sostanza l’effetto che ne deriverebbe è quello di bloccare allo stato qualunque progetto di impianto FER che non sia ancora sfociato nel rilascio del titolo autorizzativo.
La formulazione dell’art. 2 del Disegno di legge, laddove prevede che «per un periodo non superiore a 18 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, l’intero territorio regionale è sottoposto a misure di salvaguardia del paesaggio, del territorio e dell’ambiente comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili che incidono direttamente sull’occupazione di suolo», ha generato la preoccupazione che la norma possa applicarsi anche agli impianti autorizzati, ma la cui realizzazione non sia ancora iniziata.
Sebbene la norma sia in effetti ambigua nella formulazione, che tale aberrante intento non sia quello del legislatore è confermato anche da quanto affermato dalla relazione illustrativa che fa riferimento espresso agli impianti non ancora autorizzati.
La reazione di sconcerto che ha causato il DDL tra gli operatori del settore è, in effetti, giustificata.
Infatti il DDL si pone, in primo luogo, in evidente contrasto con l'art. 20, comma 6, del D.lgs. n. 199/2021, il quale, come noto, sancisce espressamente il divieto di prevedere moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione nelle more dell'individuazione delle aree idonee.
Essa si pone, inoltre, in contrasto con l’art. 12 D.Lgs. 387/2003 (che, si ricorda, prevede che la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela debba avvenire nella sede del procedimento unico ivi delineato), con la normativa eurounitaria di promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili nonché con i principi più volte espressi dalla giurisprudenza sia costituzionale che amministrativa in materia di impianti FER.
La giurisprudenza costituzionale, infatti, ha recentemente chiarito che «le regioni non possono sospendere le procedure di autorizzazione, né subordinarle a vincoli o condizioni non previste dalla normativa statale» (Corte Cost., 27 ottobre 2022, n. 221), difettando il «potere delle regioni di provvedere autonomamente alla individuazione di criteri per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa».
Le regioni, infatti, non possono «creare preclusioni assolute e aprioristiche che inibiscano ogni accertamento in concreto da effettuare in sede autorizzativa» (Corte Cost., 23 febbraio 2023, n. 27).
In linea con i principi espressi dalla Corte Costituzionale, la giurisprudenza amministrativa ha evidenziato recentemente come «la produzione di energia elettrica da fonte solare è essa stessa attività che contribuisce, sia pur indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici» (cfr. TAR Campania sentenza 03.02.2024 n. 73).
Con sentenza n. 2930 del 28 marzo scorso, il Consiglio di Stato ha ribadito che «alla luce della richiamata giurisprudenza costituzionale, deve convenirsi con il T.a.r. che non ha adeguato fondamento la tesi dell’appellante incentrata sulla primazia dell’interesse alla tutela dei valori paesaggistici e per converso sulla subvalenza degli altri interessi pubblici potenzialmente antagonistici, ivi compreso quello ambientale alla produzione energetica in termini ecosostenibili, essendo la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili un’attività di interesse pubblico che contribuisce anch’essa non solo alla salvaguardia degli interessi ambientali, ma, sia pure indirettamente, anche a quella dei valori paesaggistici» (come già rilevato da Cons. Stato, sez, IV, sentenza n.2983 del 2021).
Alla luce del quadro normativo sovraordinato e dei principi enucleati dalla giurisprudenza in materia, una sostanziale moratoria alla autorizzazione di qualsiasi impianto FER e di accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili che concerne tutto il territorio regionale come quello previsto nel DDL della Regione Sardegna si rivela senz’altro illegittima.
Trattandosi di (futura) legge regionale, tuttavia, la stessa potrà essere rimossa dall’ordinamento solo ad opera della Corte Costituzionale che, come noto, non può essere direttamente adita dai privati cittadini o dalle persone giuridiche, come le società. Sarà necessario quindi che il Governo impugni la legge davanti alla Corte Costituzionale o che un giudice sollevi la questione di costituzionalità (nell’ambito, ad esempio, di un giudizio di impugnazione di un provvedimento amministrativo applicativo della legge – ad esempio un provvedimento che disponga la sospensione di un procedimento di autorizzazione).
E siccome i tempi per ottenere una decisone della Corte costituzionale sono notoriamente lunghi, ecco che l’operazione politica messa in opera dalla Regione può in effetti comportare uno stallo la cui durata è difficilmente valutabile.
Mentre, quindi, ci si augura di poter far tornare la Regione sui suoi passi nell’ambito di una attività di lobby che si preannuncia difficile, si deve sperare che la presa di posizione della Regione possa indurre il Ministero ad emanare celermente il tanto atteso Decreto sulle aree idonee.
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Autori di questa nota sono gli avvocati Massimo Colicchia e Chiara Berra.
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