In questa nota proponiamo alcuni spunti di riflessione su quanto disposto dall’art. 37 del recente decreto-legge n. 21/2022, in corso di conversione, recante “Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina” (c.d. “Decreto Energia 2” o “Decreto Ucraina” – di seguito “Decreto”).
L’art. 37 del Decreto ha introdotto un contributo, a titolo di prelievo solidaristico straordinario per l’anno 2022 (di seguito “Contributo Straordinario”) a carico:
- dei soggetti che esercitano nel territorio dello Stato, per la successiva vendita dei beni, l’attività di produzione di energia elettrica;
- dei soggetti che esercitano l’attività di produzione di gas metano o di estrazione di gas naturale;
- dei soggetti rivenditori di energia elettrica di gas metano e di gas naturale;
- dei soggetti che esercitano l’attività di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi;
- dei soggetti che, per la successiva rivendita, importano a titolo definitivo energia elettrica, gas naturale o gas metano, prodotti petroliferi o che introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da altri Stati dell’Unione europea.
Nelle intenzioni del Governo, il contributo dovrebbe colpire gli “extra profitti” conseguiti dagli operatori energetici derivanti dall’aumento dei prezzi e delle tariffe dei citati prodotti.
Rispetto agli obiettivi dichiarati, il gettito dovrebbe essere utilizzato per coprire i costi delle misure adottate con il medesimo Decreto, dirette a contenere gli effetti negativi di tali aumenti sulle famiglie e sulle imprese.
Detto prelievo, ad oggi con aliquota del 10%, è calcolato sull’incremento del saldo tra le operazioni attive e quelle passive registrate nelle comunicazioni IVA (c.d. LIPE) nel periodo 1° ottobre 2021- 31 marzo 2022, rispetto al saldo del periodo 1° ottobre 2020-31 marzo 2021, purché tale incremento sia almeno del 10% e comunque superiore a 5 milioni di euro.
Il Contributo Straordinario dovrà essere liquidato e versato entro il prossimo 30 giugno 2022, nel rispetto di modalità che verranno definite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate.
Non ne è ammessa la deduzione ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, né è ammessa la traslazione della misura economica sui consumatori. Per contrastare eventuali ripercussioni sui prezzi al consumo, il Governo impone alle imprese energetiche di comunicare entro la fine di ciascun mese solare all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) il prezzo medio di acquisto, di produzione e di vendita dell’energia elettrica, del gas e dei prodotti petroliferi relativi al mese precedente.
Segnaliamo, peraltro, che il Senato, in sede d’esame del disegno di legge recante “Conversione in legge del Decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21”, ha proposto diversi emendamenti alla norma in oggetto, tra cui:
- estendere il Contributo Straordinario ai soggetti coinvolti nell’estrazione dei prodotti petroliferi e alle banche e agli intermediari finanziari che fanno compravendita di gas, elettricità, swap, contratti finanziari a termine standardizzati e altri contratti su strumenti derivati connessi al settore energetico;
- effettuare il calcolo al netto dell’importo delle accise versate direttamente all’erario;
- richiedere dei controlli a campione ed una relazione dell’Antitrust, affinché le società coinvolte non facciano ricadere l’onere del contributo sui consumatori;
- aumentare l’aliquota del prelievo, dall’attuale 10% sino al 25 % (e secondo alcuni fino ad un possibile 50%).
Con specifico riguardo al predetto ultimo punto, alcune fonti riferiscono che “la tassa sugli extraprofitti” passerà “dal 10% al 25%”. L’occasione di detta notizia è data dall’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del “c.d. Decreto aiuti” (non ancora pubblicato), avvenuta nella serata del 2 maggio u.s.
È evidente che la disciplina del nuovo prelievo “solidaristico”, come appena riepilogata, solleva diverse criticità e dubbi sul suo funzionamento, sia sotto profili di carattere giuridico che equitativo, minandone – non di poco – la ragionevolezza, la coerenza e la legittimità.
Il Contributo Straordinario, infatti, appare in contrasto con diversi principi costituzionali, tra cui in particolare il principio di tassazione sulla base della capacità contributiva (art. 53 della Costituzione).
Sotto il profilo della legittimità costituzionale, sul punto, è utile rammentare che in tema di tassazione dei c.d. “extra-profitti”, seppur con riferimento alla c.d. Robin Tax, già in passato la Corte Costituzionale ha censurato l’imposizione di tributi in assenza “di un meccanismo che consenta di tassare separatamente solo l’eventuale parte di reddito suppletivo connessa alla posizione privilegiata dell’attività esercitata dal contribuente al permanere di una data congiuntura” (cfr. sentenze della Corte Costituzionale nn. 10/2015 e 262/2015).
Lo stesso servizio di Bilancio del Senato, in sede di conversione, ha predisposto una nota in cui afferma che è necessaria “una riflessione volta ad escludere l’incompatibilità costituzionale” dell’art. 37 del Decreto in oggetto, rilevando diverse potenziali criticità, tra cui i dubbi sulla base imponibile indicata nella misura e l’arco temporale considerato.
Difatti, da un punto di vista operativo, basti pensare che a stretto rigore un “sopraprofitto” non può individuarsi nel semplice incremento del saldo delle vendite emergente dal confronto dei due semestri, essendo questa una vicenda commerciale del tutto ordinaria; tanto più che nel semestre 2020 – 2021, oggetto di confronto, come a tutti noto, i ricavi delle imprese sono stati certamente ridotti a causa della situazione economica generale legata alla pandemia.
Inoltre, le perplessità sul Contributo Straordinario sono state recentemente avanzate anche dalla stessa Agcm, direttamente coinvolta nella misura (nel verificare, come sopra anticipato, che non ci sia, a causa del prelievo ex art. 37, un ribaltamento del prelievo nei prezzi finali dei consumatori).
L’Agcm rileva, tra le altre, “l’assoluta indeterminatezza circa le variabili oggetto della comunicazione delle imprese all’Autorità”. In particolare, secondo l’Antitrust, “sembrerebbe che le variabili su cui calcolare il margine che rappresenta la base imponibile non siano le stesse che le medesime imprese devono notificare all’Autorità al fine di consentire la verifica”.
Alla luce di quanto sopra esposto, si deve concludere che il Contributo Straordinario è qualificabile come una vera e propria imposizione tributaria.
Pertanto, tale misura potrà essere portata all’esame del Giudice Tributario, che potrà anche valutare la remissione degli atti alla Consulta per le ragioni di incostituzionalità che verranno sottoposte, a seguito dell’adozione di un provvedimento da parte dell’Agenzia delle Entrate, a tal fine sollecitata mediante istanza di rimborso a fronte dell’avvenuto pagamento, dando quindi corso alla impugnazione del relativo diniego ovvero del silenzio-rifiuto.
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Autori di questa nota sono gli avv.ti Federico Novelli e Silvia Pagliara.
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