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Corte Costituzionale, sentenza n. 202 del 2021 sulla normativa lombarda in tema di immobili degradati: cosa resta del nuovo art. 40bis?

La Corte Costituzionale si è espressa, con sentenza n. 202 del 6 ottobre 2021, sulla questione di legittimità costituzionale del previgente art. 40bis della Legge Regionale della Lombardia, n. 12 del 2005, in materia di “patrimonio edilizio dismesso con criticità”.

Lo scrutinio di costituzionalità trae origine da tre parallele ordinanze di rimessione del TAR Milano promosse nel corso di un giudizio di impugnazione della deliberazione del Consiglio comunale di Milano n. 34 del 14 ottobre 2019, avente ad oggetto l’approvazione del Piano di Governo del Territorio di Milano, e nello specifico l’applicazione dell’art. 11 delle Norme di Attuazione del Piano delle Regole in materia di “edifici abbandonati e degradati”. Il TAR rimettente, ritenendo che il citato art. 40bis comprima eccessivamente la capacità pianificatoria dei Comuni lombardi, ha accolto l’eccezione di illegittimità costituzionale sollevata dal Comune di Milano.

La Corte Costituzionale, condividendo l’impostazione del TAR in ordine alla rilevanza e alla non manifesta inammissibilità della questione, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 40bis. E poiché nel tempo intercorso fra il rinvio e la decisione l’art. 40bis ha subìto una modifica sostanziale ad opera della L.R. n. 11 del 2021, la Corte ha dovuto pronunciarsi in via consequenziale anche sulla parte del nuovo testo, il comma 11quinquies, che ha disposto l’ultrattività del testo previgente “alle richieste di piano attuativo, alle richieste di permesso di costruire, alle segnalazioni certificate di inizio attività, alle comunicazioni di inizio lavori asseverate e alle richieste di rendere indicazioni e chiarimenti preliminari […] in relazione agli immobili già individuati dai comuni come degradati e abbandonati”.

La sentenza della Consulta ha così potuto offrire numerosi spunti agli operatori e ai professionisti del settore per valutare se il testo dell’art. 40bis oggi vigente, depurato delle disposizioni dichiarate illegittime, potrà in futuro resistere a un nuovo scrutinio di costituzionalità. Ebbene, come meglio si dirà tra un attimo, la risposta a tale domanda è in parte positiva: infatti, il nuovo art. 40bis, ad eccezione del suo comma 11quinquies, è fatto salvo dalla pronuncia della Corte Costituzionale. Ma vediamo meglio i dettagli.

Il giudice delle leggi ha motivato la dichiarazione di incostituzionalità sulla base dei parametri forniti dagli articoli 3, 5, 97, 114, 117 e 118 della Costituzione.

Da un lato, infatti, è vero che il legislatore regionale ha competenza concorrente nella materia del “governo del territorio” (art. 117, comma 3, Cost.), competenza che la Regione Lombardia ha esercitato proprio con le norme sindacate; al contempo tuttavia lo Stato ha competenza esclusiva in materia di “funzioni fondamentali dei Comuni” (art. 117, comma 2, lett. p).

Ed è proprio esercitando la propria competenza in quest’ultima materia che il legislatore statale, con il D.L. n. 78 del 2010 convertito nella Legge n. 122 del 2010, aveva stabilito, positivizzando un consolidato orientamento della Corte Costituzionale, che “ferme restando le funzioni di programmazione e di coordinamento delle regioni, loro spettanti nelle materie di cui all’articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione” ai Comuni sono riservate “la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale, nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale” (art. 14, comma 27, lett. d, del D.L. n. 78 del 2010 convertito nella Legge n. 122 del 2010).

Tale previsione normativa spiega positivamente sia il principio di sussidiarietà sia l’orientamento della Corte Costituzionale secondo cui la funzione di pianificazione urbanistica “non può essere oltre misura compressa dal legislatore regionale, perché il potere dei comuni di autodeterminarsi in ordine all’assetto e alla utilizzazione del proprio territorio non costituisce elargizione che le regioni, attributarie di competenza in materia urbanistica[,] siano libere di compiere”.

La Corte, com’è ovvio che sia, ammette un margine di intervento delle Regioni, ma lo circoscrive e ne definisce i limiti invalicabili affermando che l’autonomia comunale “non implica una riserva intangibile di funzioni, né esclude che il legislatore competente possa modulare gli spazi dell’autonomia municipale a fronte di esigenze generali che giustifichino ragionevolmente la limitazione di funzioni già assegnate agli enti locali”; pertanto la pianificazione non può essere ritenuta tanto assoluta da “impedire alla legge regionale – che è fonte normativa primaria sovraordinata rispetto agli strumenti urbanistici locali – di prevedere interventi in deroga a tali strumenti”.

Gli argomenti della Corte sono chiari e facilmente riassumibili: il legislatore regionale può e deve legiferare in materia di governo del territorio, ma non può arrogarsi competenze di pianificazione lesive dell’autonomia locale nell’attività di pianificazione.

La conseguenza diretta di tale ragionamento è stata la caducazione dell’art. 40bis previgente e del comma 11quinquies del nuovo art. 40bis. Di più la Corte non avrebbe potuto fare.

Pare dunque legittimo domandarsi, oggi, se il nuovo testo dell’articolo 40bis, passato indenne attraverso il vaglio di costituzionalità, potrà resistere in futuro a eventuali nuovi rinvii pregiudiziali, o se sia affetto dagli stessi vizi del testo previgente.

Il parere di chi scrive, forse eccessivamente ottimista, è che il nuovo testo abbia trovato un equilibrio che consente di superare i contrasti causati dalle previsioni cassate dalla corte.

La disposizione più critica infatti – cioè quella che non permetteva ai comuni con più di 20.000 abitanti di differenziare per ambiti territoriali l’applicazione della disciplina – è stata modificata e ora concede tale possibilità a tutti i comuni del territorio.

Inoltre il nuovo art. 40bis, al comma 4, ammette ora che i comuni possano deliberare termini diversi per la presentazione dei titoli edilizi per la riqualificazione degli immobili degradati. La stessa discrezionalità viene concessa ai Comuni anche con riguardo all’attribuzione di incentivi volumetrici per gli interventi sugli immobili degradati, superando così il rigido automatismo attributivo del 20% di diritti edificatori del previgente art. 40bis.

Per concludere rimane solo da aggiungere che per addivenire ad un nuovo giudizio di costituzionalità sarebbe necessario che un futuro provvedimento comunale direttamente lesivo di un interesse legittimo permettesse un ricorso al TAR avverso uno strumento di pianificazione lombardo, dato che un ricorso avverso altri provvedimenti sarebbe sì plausibile ma difficilmente consentirebbe di motivare in termini di rilevanza un rinvio alla Corte Costituzionale contro l’art. 40bis.

In attesa degli eventi si avvicina il termine del 31 dicembre previsto dal nuovo articolo 40bis.

Autori di questa nota sono l’avv. Fabio Todarello e il dott. Filippo Socini. Per maggiori informazioni o chiarimenti sui temi trattati in questo articolo si prega di contattare l’avv. Fabio Todarello all’indirizzo email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; l’avv. Matilde Battaglia all’indirizzo email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; l’avv. Francesco Schiano all’indirizzo email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

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