A sei mesi pieni dall’entrata in vigore del Regolamento UE n. 2022/2577 (di seguito “il Regolamento”), adottato dal Consiglio UE con l’obiettivo di “accelerare la diffusione delle energie rinnovabili” (seppure in un contesto “emergenziale” e per un periodo di 18 mesi, sino al giugno 2024), ci sembrano opportune alcune valutazioni circa l’impatto dello stesso nel nostro ordinamento.
Se non si considerano alcuni isolati richiami giurisprudenziali – in cui lo stesso Regolamento è invocato quale dimostrazione dell’intenzione, a tutti i livelli ordinamentali, di favorire la diffusione delle rinnovabili – non si hanno, in effetti, notizie di sue applicazioni.
Ciò ci pare dipenda dal fatto che, come si vedrà di seguito, la nostra legislazione – cosa che potrebbe sembrare sorprendente – può, a buon titolo, ritenersi più avanzata di molte delle norme del Regolamento stesso. Da altro punto di vista, le imposizioni di determinati tempi procedimentali, come noto, per essere efficaci, richiedono massima attenzione da parte degli stessi enti procedenti, rischiando, in caso contrario, di rimanere lettera morta, in quanto la loro mancata attuazione necessiterebbe l’avvio di iniziative giudiziarie da parte dei soggetti interessati che, spesso, percepiscono quest’ultime come defatiganti o inopportune.
Proponiamo quindi di seguito alcuni spunti di riflessione in relazione alle principali disposizioni del Regolamento.
L’interesse pubblico prevalente degli impianti FER.
L’art. 3 al par. 1 dispone che la pianificazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione da fonti rinnovabili, la loro connessione alla rete, la rete stessa e gli impianti di stoccaggio sono da considerarsi di interesse pubblico prevalente e d’interesse per la sanità e la sicurezza pubblica nella ponderazione degli interessi giuridici nei singoli casi, ai fini della disciplina comunitaria sulla conservazione degli habitat naturali (Direttiva 92/43/CEE), della protezione delle acque (Direttiva 2000/60/CE) e della conservazione degli uccelli selvatici (Direttiva 2009/147/CE).
Di conseguenza, nel caso in cui la realizzazione di un impianto FER dovesse collidere con uno degli interessi protetti dalle direttive prima citate, l’interesse a realizzare l’impianto dovrebbe poter prevalere rispetto all’interesse protetto, potendosi derogare alle disposizioni ivi previste (al considerando 8 del Regolamento viene chiarito, infatti, che “una delle misure temporanee consiste nell’introdurre una presunzione relativa secondo cui i progetti di energia rinnovabile sono d’interesse pubblico prevalente e d’interesse per la salute e la sicurezza pubblica ai fini della pertinente legislazione ambientale dell’Unione”).
Il par. 2 dispone poi che gli Stati membri provvedono a che sia accordata priorità, in sede di ponderazione degli interessi, alla costruzione ed esercizio degli impianti FER.
Data la natura regolamentare del provvedimento in analisi, tali disposizioni dovrebbero poter essere oggetto di applicazione già in sede procedimentale da parte stesse autorità amministrative. Tuttavia, ad oggi, non si ha notizia di casi nei quali sia stata data applicazione alla norma che potrebbe, senza dubbio alcuno, accelerare il processo autorizzatorio; non resta dunque che auspicare che gli operatori, a tutti i livelli, si facciano promotori di una piena attuazione del disposto regolamentare in parola.
Gli impianti FER collocati su strutture artificiali esistenti o future.
Continuando nell’analisi del dettato normativo, l’art. 4 prevede che:
- La durata della procedura autorizzativa per l’installazione di apparecchiature di impianti fotovoltaici e di stoccaggio dell’energia co-ubicati, compresi gli impianti integrati negli edifici e sui tetti, in strutture artificiali esistenti o future, ad esclusione delle superfici d’acqua artificiali, non deve essere superiore a tre mesi, a condizione che lo scopo principale di tali strutture non sia la produzione di energia solare. L’installazione di tale categoria di impianti è esonerata dall’obbligo di essere sottoposta a valutazione di impatto ambientale (cfr. art. 4, par. 1, Regolamento);
- Gli Stati membri possono escludere determinate aree o strutture dalle disposizioni di cui al paragrafo 1 per motivi connessi alla protezione del patrimonio culturale o storico oppure per motivi connessi a interessi della difesa nazionale oppure per motivi di sicurezza (cfr. art. 4, par. 2, Regolamento).
Queste norme, aventi un intento acceleratorio, nel nostro ordinamento hanno un impatto ben più limitato di quello che è legittimo attendersi ad una prima lettura. Infatti, occorre considerare che nel nostro ordinamento gli impianti installati su edifici già esistenti beneficiano di procedure autorizzatorie ben più snelle, come di seguito evidenziato.
- Modello Unico Nazionale: gli impianti fotovoltaici da 50 a 200 kW sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici su edifici esistenti sono soggetti alla disciplina relativa alla Comunicazione preliminare all’installazione.
- DILA: nuovi impianti costruiti su edifici non tutelati ai sensi del Codice dei beni culturali al di fuori da centri storici:
- i cui moduli siano collocati sulle coperture di fabbricati rurali o di edifici a uso produttivo e di edifici residenziali, oppure
- I cui moduli siano posti in sostituzione di coperture su fabbricati rurali o su edifici in cui è operata la completa rimozione dell’eternit o dell’amianto.
- PAS: impianti di qualsiasi potenza con moduli collocati sugli edifici, con superficie complessiva non superiore a quella del tetto dell’edificio.
Infatti, anche considerando l’autorizzazione più gravosa richiesta per l’installazione di impianti su edifici, ossia la PAS, l’ordinamento italiano garantisce al richiedente tempi drasticamente inferiori, addirittura consentendogli di iniziare i lavori di costruzione a partire dal 30° giorno dopo la presentazione dell’istanza al Comune o ai Comuni interessati.
Gli interventi di potenziamento (o repowering).
Una novità apportata dal Regolamento 2022/2577, potenzialmente idonea ad incidere sul nostro ordinamento, potrebbe essere quella contenuta nell’articolo 5 dello stesso, laddove, per i soli interventi di repowering,viene previsto che la procedura autorizzativa per la revisione della potenza degli impianti, se determina un aumento della capacità dell’impianto stesso, non deve essere superiore a sei mesi. Come specificato nel comma 1 dello stesso articolo 5, all’interno del predetto termine devono ricomprendersi anche le valutazioni di impatto ambientale.
Tale previsione ha un contenuto che pare idoneo a incidere in maniera significativa sul nostro ordinamento, in quanto introduce un termine perentorio all’interno del quale deve ricomprendersi anche il rilascio delle valutazioni di impatto ambientale.
Dovremmo aspettarci, quindi, che i procedimenti di autorizzazione di progetti di repowering, che rimangono assoggettati a screening o VIA, nel periodo disciplinato dal Regolamento, si concludano in un tempo di massimo sei mesi, includendo in tale termine anche il segmento procedurale relativo a detti istituti. Da questo punto di vista, come anticipato, la portata innovativa di tale norma rimane condizionata dalla volontà di darvi attuazione da parte degli enti procedenti e dei privati di attivare gli strumenti idonei a tal fine.
Ancora, l’art. 5, al par. 3, prosegue poi affermando un principio secondo il quale i procedimenti di VIA o screening VIA relativi a progetti di repowering devono limitarsi a considerare esclusivamente gli effetti significativi potenziali derivanti dalla modifica o dall’estensione rispetto al progetto iniziale, non dunque l’intero progetto.
Ai sensi del par. 4 dell’art. 5 del Regolamento, infine, le modifiche ai soli impianti solari sono esonerate dallo screening VIA o dalla VIA laddove la revisione della potenza non comporta l’uso di spazio supplementare e rispetta le misure di mitigazione ambientale applicabili stabilite per l’impianto iniziale.
Le previsioni appena citate, tuttavia, ci pare abbiano una scarsa capacità di incidere significativamente nel nostro ordinamento, in quanto un principio di analoga portata è già contenuto all’art. 4, co. 6-bis del D. Lgs. n. 28/2011 come modificato dal D.L. 17/2022.
I Progetti esonerati dalla VIA.
L’art. 6 del Regolamento UE 2022/2577 prevede infine la possibilità per gli Stati membri di esonerare da valutazioni ambientali i progetti di energia rinnovabile, i progetti di stoccaggio dell’energia e i progetti di rete ubicati in aree dedicate alle energie rinnovabili o alla rete, che siano già state oggetto di valutazione ambientale strategica (VAS), conclusasi con esito positivo.
Tale previsione è stata recepita e confermata anche dal legislatore nazionale che, modificando con la legge di conversione il D.L. 13 del 2023, ha introdotto all’art. 47 i commi 1-bis, 1-ter, 1-quater. La normativa nazionale introduce un regime temporaneo, con validità dal 22 aprile 2023 al 30 giugno 2024, durante il quale, a determinate condizioni, sono garantite delle esenzioni dalle valutazioni ambientali, in particolare dal cd. screening VIA e dalla VIA.
Perché possano beneficiare di queste esenzioni, i progetti:
- devono ricadere in aree idonee ai sensi dell’art. 20 D. Lgs. n. 199 del 2021;
- tali aree idonee devono essere contemplate in piani o programmi già sottoposti preventivamente a VAS di cui alla parte seconda del Testo Unico Ambiente.
I progetti esentati dalle sopradette condizioni sono:
- i progetti di impianti fotovoltaici con potenza complessiva sino a 30 MW, anche comprensivi delle opere connesse, dei sistemi di accumulo e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti medesimi;
- i progetti di impianto per lo stoccaggio dell’energia elettrica da fonti rinnovabili, anche comprensivi delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti medesimi;
- i progetti di rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione di impianti fotovoltaici già esistenti, eventualmente comprensivi di sistemi di accumulo che non prevedano variazione dell’area occupata e con potenza complessiva, a seguito dell’intervento medesimo, sino a 50 MW.
Tale norma, come risultante dalla trasposizione operata del nostro legislatore, pur avendo una considerevole potenzialità innovatrice, appare tuttavia – allo stato attuale – non applicabile in quanto l’esenzione dall’esperimento di valutazione di impatto ambientale e di screening VIA richiede necessariamente che l’area rientri in un piano o programma preventivamente sottoposti a VAS.
Ad ora, però, non risultano aree idonee per le quali sia stata esperita una preventiva VAS e, dunque, fintanto che tale valutazione non verrà adottata, la disposizione di cui qui si tratta non potrà avere alcuna applicazione concreta.
Conclusioni
A conclusione di questa sintetica analisi, l’impatto che il Regolamento UE 2022/2577 potrà avere nel nostro ordinamento sembra essere poco significativo, tanto da un punto di vista teorico quanto agli effetti pratici. A sostegno di tale ultima considerazione, appare utile segnalare come in giurisprudenza, laddove si richiami il Regolamento, lo si fa solo per testimoniare l’impegno profuso dal legislatore – anche europeo – a favore della diffusione di impianti FER (si vedano TAR Roma, n. 8774 del 2023, TAR Bari nn. 529, 683 e 684 del 2023, TAR Palermo, n. 299 del 2023).
In ogni caso, la legislazione italiana appare parecchio avanzata rispetto alle previsioni del Regolamento e – per quanto a conoscenza di chi scrive – delle normative degli altri Stati membri. Rispetto a tale constatazione, appare naturale la riflessione – o meglio, ne esce rafforzata la convinzione – che, nel nostro Paese, lo sforzo di tutti gli operatori (economici e giuridici) deve essere mirato a rendere più consapevoli le amministrazioni rispetto agli strumenti legislativi a loro disposizione per accelerare lo sviluppo delle rinnovabili sui loro territori. Troppo spesso, infatti, come noto, sono proprio le amministrazioni competenti che – pur avendo a disposizione strumenti normativi particolarmente snelli e innovativi – operano applicando le normative con cui hanno più dimestichezza, a discapito delle misure di semplificazione, con l’effetto non dare attuazione allo scopo acceleratorio delle nuove normative.
Ci si auspica, allora, che la spinta ideale contenuta nel tessuto normativo del Regolamento possa servire, congiuntamente alla azione di tutti gli operatori del settore, ad incrementare questa consapevolezza e rendere le Amministrazioni meno ostili di quanto spesso siano all’utilizzo degli strumenti messi a loro disposizione dall’ordinamento.
Autori di questa nota sono l’avv. Massimo Colicchia e Samuele Fiorini.
Per maggiori informazioni o chiarimenti sui temi trattati in questo articolo si prega di contattare l’avv. Massimo Colicchia:
Todarello & Partners fornisce assistenza legale su tutte le problematiche relative agli argomenti trattati in questo articolo. Gli avvocati dello Studio possiedono una rilevante esperienza in materia ed in tutti i settori del Diritto Amministrativo, assistendo regolarmente alcuni dei maggiori operatori attivi sul mercato e rappresentandoli in giudizio dinanzi a tutte le giurisdizioni competenti